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è dove il sapiente deve altamente protestare a nome della uma. nità e della stessa giustizia.

Noi non vorremmo che alcuni ci credessero favoreggiatori della signoria feudale e della clericale: noi non vogliamo nė l'una nè l'altra. Solo vogliamo che i triplici poteri della società, quello della possidenza, della industria e della sapienza si dassero cordialmente la mano, per rendere alle popolazioni quella pace, quell' equità, e quel morale ben essere che formano il loro primo ed unico voto, e che pongono chi governa nella felice situazione di reggere il mondo più con tutela che con impero.

Queste considerazioni abbiamo voluto premettere per far conoscere come noi non amiamo la vita industriale e bancaria se non in quanto liberamente concorra a diffondere e sul ricco e sul povero i mezzi di comune agiatezza, e ciò senza inebbriare il ricco nei delirj di asiatiche voluttà, e senza attossicare il po vero fra gli stenti di una esistenza posta al dissotto delle stesse macchine.

E per non perderci in astrattezze applicheremo questi no stri principj a due nazioni d'Europa, all' Inghilterra ed alla Francia.

L'Inghilterra è divenuta il gran mercato del mondo, è l'officina gentium. Essa produce tutto per tutti: può assorbir l'oro di tutte le nazioni e diffonderlo a piene mani: da essa dipende spesso di far arricchire, o di far fallire un intiero paese: il suo impero economico può dirsi universale. Eppure chi la proporrebbe a modello in fatto di sociale economia ?

L'attuale sua crisi che come febbre periodica si riproduce, è una prova parlante che non basta il rigurgito dell' industria, ma vuolsi il triplice concorso della possidenza svincolata, della opinione fatta cordiale e dell' ordine sociale delle ricchezze, perchè una nazione possa vivere una vita veramente civile. Ivi troverete cento milionarj e tredici milioni di poveri che sono ap. prezzati meno di una macchina, perchè questa arricchisce chi la possiede, ed essi invece scemano di valore crescendo il lavoro e l'età. Gli uomini ivi si contano a mani, come gli schiavi si con

tano a teste. Le popolazioni campestri si deportano a viva forza per diradare il paese, quasi fossero piante seccate da dibosca. re. Intanto i delitti e la miseria crescono a dismisura, e gli economisti per consolare le classi operaje, le chiamano, come ve demmo, col nome di proletarie, quasi che non fossero atte a far altro che ad aver figli, e quando gli uomini onesti gli consultano per migliorare la loro sorte, vi rispondono amaramente che vivano se posson vivere (1).

La Francia, imitando senza avvedersi l'Inghilterra, ha voluto farsi emula della sua vita officinale, e cogli artifizj più esagerati del Colbertismo, ha dato il primato all' industria ed al traffico per satollarsi nell'oro, non parendole che bastassero i doni a lei forniti dal cielo, e dal fervido ingegno de'suoi abitanti.

Da venti e più anni la Francia ha dimenticato i suoi campi per chiudersi negli opificj, e vogliosa di essere chiamata la più elegante manufattrice del mondo, ha ripudiato i suoi naturali tesori e la sua lenta ma progressiva prosperità per correr dietro alle ricchezze di Creso. Ogni giorno che passa porta seco una invenzione più fuggevole del giorno stesso: i capitali si profondono a magnificare le inezie: gli ingegni più felici tapinano pel moodo a portarvi i miracoli di effimere industrie, e la ricchezza generale invece di accrescersi solidamente e distendersi per tutte le classi, si accumula nelle mani di pochi; artificialmente si sposta ed isolando le classi e gli individui gli gitta nei vortici del mercantile egoismo.

Intanto le popolazioni tolte alla gleba si fanno serve dei monopolisti industriali che le ammiseriscono e le abbrutiscono. L'istinto cieco del lucro ravvolge tutti e ad ogni istante si veggono torme di operaj che bisogna o satollare o imprigionare,

(1) Questo amaro dileggio non è da noi immaginato. Un distinto economista francese, che non vogliamo qui nominare per salvargli almeno l'onore, ebbe l'audacia di profferire nel Journal des économistes, che si pubblica a Parigi, l'espressione che qui abbiamo notata, e che è degna di Attila e di Uraja.

perchè si ribellano contro gli esosi taglieggiamenti dei loro nuovi signori. Questo stato di cose si va rendendo, specialmente nel nord della Francia, intollerabile, e gli scrittori di economia non sanno nè benedirlo nè maledirlo, perchè lo considerano come una conseguenza necessaria della legge espansiva della produzione.

Non tutti però si accontentano di questa insensata indiffe. renza, e muovono alti lamenti intorno ad una condizione di vita che prepara al paese scosse funeste, e che invece di farlo progredire, lo fa indietreggiare. È quindi sorta in alcuni forti pensatori l'idea di ordinare socialmente la industria, perchè giovi e non pregiudichi, e su questo argomento le discussioni incominciano a farsi vive. Noi non vogliamo per ora tener dietro a questo importante dibattimento che a suo tempo sarà da altri trattato in questi Annali, ma solo abbiamo il pensiero di occuparci di un tema che tocca più da vicino i nostri studj e le nostre più forti simpatie, quello cioè di far conoscere lo stato in cui ora si trovano i fanciulli che vivono negli opificj, dimostrando la urgente necessità di pensare intanto ad essi, giacchè in fatto di pubblica economia giova forse più l'occuparci dell'avvenire che del presente.

Una occasione opportunissima ci si presenta per trattare tale argomento, analizzando i più importanti capitoli di una dotta e sensata Memoria stata recentemente pubblicata dal conte Carlo Petitti intorno al lavoro dei fanciulli nelle manifatture (1). Prima di accingersi a questo studio volle i! Petitti visitare la Francia, la Svizzera, la Germania ed il Belgio, ed attingere dovun. que le più preziose notizie di fatto. Egli trattò il suo tema tanto sotto l'aspetto economico che morale, e si fe' ricco dell' esperienza e delle dottrine di tutti i più riputati scrittori che di ciò

(1) Sul lavoro dei fanciulli nelle manifatture, Dissertazione del conte Carlo Ilarione Petitti di Roreto, Consigliere di Stato. Torino, 1841. Un Opuacolo in 4.o di pag 100, presso la Stamperia Reale.

si occuparono. Il suo lavoro è condotto con quella coscienzio. sità e rettitudine che è una dote caratteristica degli scrittori italiani, e non ammette giammai vedute arrischiate o inoppor

tune.

Noi ci gioveremo di questa sua Memoria, restringendola alle sole nazioni che più da vicino possono interessarci, e sog giungeremo in quanto allo stato morale ed economico dei fan. ciulli occupati nelle manifatture di Francia e dell'alta Italia, tutte quelle nozioni che noi stessi abbiamo potuto procurarci vi sitando i principali opificj, e riferiremo in fine le conclusioni del dotto autore coll'aggiunta di alcune nostre idee pratiche dirette a porgere le basi di un regolamento generale che dalla sapienza dei governi è vivamente reclamato, ed è in qualche parte già messo in pratica.

§ 2.°

Stato dei fanciulli occupati nelle manifatture inglesi.

L'Inghilterra dopo avere divorato la popolazione rurale cacciandola da' suoi aviti tugurj per stiparla negli opificj, trovò col. l'introduzione delle macchine così dette a lavoro continuo necessaria anche la diurna e notturna opera dei fanciulli per dare e ricevere dalle macchine la materia prima destinata ad essere manufatta. Fu allora che si cominciò ad andare in cerca di fanciulli come i piantatori di zucchero e di cotone andarono in cerca di schiavi d'Africa.

Noi offriremo la esposizione genuina dello stato di questi infelicissimi e la storia delle inefficaci provvidenze state prese dal governo britannico, riferendo le cose più notevoli che leggonsi su tale proposito nel sensato rapporto steso dal conte Petitti.

«Sul finire del secolo scorso, nella Gran Bretagna alcuni cittadini generosi mossero vive querele intorno ad un abuso così pregiudicevole all'infanzia e provocarono dall' autorità leggi e provvisioni atte a difenderla dalla barbarie con cui veniva trattata in quegli opifici.

Il dott. Aickin al principiare di questo secolo espose il la

mentevole quadro de' patimenti di que' fanciulli si maltrattati. 1 terribili effetti di que' patimenti vennero da altri medici e filantropi denunciati al pubblico, giustamente commosso al vedere come l'arricchimento di alcuni speculatori derivasse in grau parte dalla miseria e dai dolori di tanti esseri innocenti.

«Diffatto da molte contee inglesi s'importava un gran nuunero di fanciulli ne' luoghi dov'erano manifatture, e posti quegli infelici, strappati a' propri parenti, sotto la direzione degli imprenditori, che ne facevano la tratta, venivano da questi con le più crudeli maniere governati (1).

« L'eccesso del lavoro imposto, la soverchia durata di esso,

(1) Basti il dire, che dalle inchieste ordinate dal Parlamento inglese

risultò:

1. Che nel Lancashire i fanciulli lavoravano dalle 13 alle 16 ore del giorno, compresa l'ora accordata pel pranzo.

2.o Che aveano appena nove, otto, sette, sei ed anche cinque anni. 3.o Che erano condannati ad una fatica eccedente le proprie forze, sia col dovere stare molte ore ritti, sia col seguire costantemente il moto delle macchine cui erano addetti.

4. Che se lagnavansi, se piangevano, se accusavano dolori alle membra tosto erano puniti con percosse dai parenti, se lavoravano con essi, o dagli assistenti.

5. Che nell' ora lasciata apparentemente libera pel pasto, essendo ferme le macchine, venivano costretti a ripulirle, mentre mangiavano un cibo grossolano, reso più schifoso dal sucidume dell'olio, del grasso e del polverio degli opifizi.

6. Che l'atmosfera di quelle stanze avea una temperatura dai 19 ai 22 gradi del termometro di Reaumur, ascendente anche talvolta dai 22 ai 25.

7.o Che poi doveano i fanciulli uscirne per andare al proprio covile, dove se non trovavano nell'inverno il gelo, appena aveano qualche grado sopra il zero.

8. Che niuna educazione ricevevano quegl' infelici nè religiosa, nè morale, nė letteraria. Non la prima, perchè i molti fanciulli delle religioni dissenzienti non erano ammessi al culto anglicano, nè si mostravano inclinati a seguirlo. Non le altre, perchè, assorbita la giornata dal lavoro, mancava assolutamente il tempo per ricevere qualsiasi istruzione.

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